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Filosofia e Musica

Filosofia e Musica

logo cretaDescritta esemplarmente da Platone nell’ ultimo libro della Repubblica (celebre visione di Er, dove si verifica l’accostamento paradigmatico delle due discipline sorelle, astronomia e musica) e nel Timeo 35b, 36b la cui cosmologia è ricondotta a Pitagora, la musica è ciò su cui il mondo si è formato: il divino demiurgo compose l’ anima del mondo secondo i principi dell’ armonia musicale dividendo cioè l’ essenza delle cose in 7 parti che originano 2 progressioni, aritmetica e geometrica a ragione 2 e 3.
Di origine pitagorica anche le tradizionali associazioni delle sfere planetarie alle corde dell’ antica lira eptacorde, e dei 7 pianeti ai 7 suoni formanti 2 tetracordi che si uniscono fra loro e coincidono in una nota comune, la mesè, in origine la corda centrale della lira, sulla quale i musici regolavano l’accordo del loro strumento. Pitagora identificava con essa Apollo dio dell’armonia cosmica, e anche il Sole al quale, data la sua posizione centrale nell’ordine delle sfere, si attribuiva una funzione di vincolo fra i restanti pianeti.
Tolomeo perfezionò negli armonica e nel quadripartito la suddetta analogia: come gli astri collocati sugli epicicli si muovono avanti e indietro, si situano più o meno lontano dal centro (terra) e si dispongono su orbite variabili dell’equatore celeste, allo stesso modo i suoni musicali salgono verso il grave o l’acuto, si distanziano e si approssimano da un punto di riferimento, si organizzano gerarchicamente in più modi musicali più o meno prossimi all’equatore musicale (mese). Cicerone nel De Respublica, (I° sec. a.C.) testo nel quale è contenuto il famoso Somnium Scipionis in cui si tratta della dottrina dell’immortalità dell’anima e dei premi promessi ai virtuosi, sostiene che il suono prodotto dalle sfere celesti è di diversa frequenza: le più esterne emettono suoni più acuti, le più interne suoni più gravi.
Gli intervalli sono tali che il suono derivante è deliziosamente armonico: la terra non emette suoni perché sta immobile.
Se Cassiodoro nel VI secolo potè affermare che “tutto quanto si svolge nel cielo e sulla terra è sottomesso a leggi musicali” nel X secolo Reginone di Prum dal fatto che ogni suono ha origine da un movimento, dedusse la prova che gli astri,che si muovono, devono emettere suoni (De Armonica Institutione).
Il concetto di musica delle sfere quasi unanimamente riconosciuto accettato dai pensatori medievali (unica eccezione l’aristotelico Alberto Magno) interessò anche Dante, che parlò esplicitamente in diversi punti del suo poema (Purg.XXX 91-93,XXI 144-145, Parad. I 76-84, VI 124-126, XXI 58-60, XXIII 109) e nel Convivio dove, ribadita l’intima corrispondenza fra i primi sette cieli e le dottrine del trivium e del quadrivium, alla musica è assegnato il cielo di marte la cui relazione è detta essere più bella di quella degli altri cieli tra loro perché, essendo complessivamente nove, il quinto ha il posto centrale.
Tramite Macrobio (Commentarius) e altre opere di analoga ispirazione neoplatonica come il Commentarius Intimaeum di Falcidio, nel IV sec., la fortuna della tradizione matematico-musicale di tipo platonico e pitagorico, fu assicurata nell’ alto medio evo, quando l’antica musica delle sfere venne trasferita come musica divina dai pianeti al cielo cristiano per rappresentare “il rapporto armonico fra Dio e le sue creature”.
Nei secoli V e VI, al pensiero di Boezio, risalgono la codificazione della cosmologia platonico pitagorica nel ciclo delle scienze esatte preparatorie alla teologia (quadrivium) e la canonica tripartizione della musica in instrumentalis, humana e mundana : quest’ultima non è altro che l’Armonia delle sfere intesa come unitaria connessione sostanziale nella variabilità dei fenomeni transeunti ed estesa sino a comprendere oltre al moto degli astri tutti gli altri movimenti ciclici e ordinati della natura.
Due sfere poi dotate della stessa velocità Mercurio e Venere emettono lo stesso suono.
Si ha così un accordo di sette suoni salvando l’analogia con l’eptacordo.

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