Signore e signori, permettetemi di riportare alcune riflessioni sulla consulenza filosofica, e cioè su una questione che non sarebbe affatto comprensibile né plausibile di per sé.
Infatti non passano forse i filosofi -non solo oggi, ma precisamente dalla loro prima comparsa- come figure alquanto strane di un’umanità non pratica, cioè come pazzi e ammattiti, di norma estranei al mondo, lontani dalla vita e incapaci di faccende quotidiane? In poche parole, come persone la cui relazione con la realtà palesemente turbata, in parte li bolla come poveri e ridicoli imbecilli, in parte li fa passare come pensatori estremamente pericolosi. […]
Ora, lo scetticismo verso la filosofia e verso il suo personale ha una lunga tradizione: […] la domanda è: con una tale reputazione, si può seriamente pensare il filosofo come consulente?
(continua)
G. Achenbach